"I will do everything with deep attention. My work at home, in the office, in the world,—all duties, small and great,—will be performed well with my deepest attention."

"L'Aikido non serve per correggere gli altri è per correggere la propria mente. Questo è l'Aikido".

Queste due splendide affermazioni incarnano lo spirito con cui l'associazione intende promuovere il "risveglio" e la diffusione dell'Aikido. La prima frase è tratta dalle
Yogoda Daily Affirmations di Swami Paramahansa Yogananda e la seconda è del Maestro Morihei Uyeshiba fondatore dell'Aikido.



mercoledì 31 marzo 2010

L'Arte della libertà.

di Leo Venezia


Genericamente la libertà è una condizione in cui un individuo può decidere di agire senza costrizioni, usando la volontà nell'azione, usufruendo di una libera scelta dei fini e degli strumenti ritenuti opportuni a metterla in atto. Va da sè che occorre comunque conoscere il valore "libertà", avere avuto l'opportunità di sentire che cosa è effettivamente. Ci si accorge del buio, ad esempio, soltanto quando si conosce la luce, oppure del dolore quando se ne è percepita l'assenza. L'Aikido aiuta a capire, apprezzare che cosa significa "libertà". In questo senso la pratica fisica la si può leggere come una libertà intervallata da un senso di costrizione. Influisce sopratutto a livello anche mentale. Questa alternanza di assenza di libertà e presenza è co-creata da tori e uke. Quando uke attacca viola la libertà di tori, il quale a sua volta toglie la libertà a uke, con l'applicazione di una tecnica appropriata, per poi nuovamente donarle la libertà. Se questo aspetto diventa consapevole a livello fisico, diventa facile applicarlo anche sul piano mentale. Assaporare questa sensazione di libertà aiuta a capire cosa significa essere liberi nella vita quotidiana. In questo l'Aikido può essere interpretato come lo specchio, una simulazione della realtà quotidiana. Il randori ad esempio ci aiuta a intuire la risposta giusta, opportuna ad un attacco simultaneo portato da più persone. Nella quotidianeità non sono altro che situazioni, persone che agiscono verso di noi, spesso contemporaneamente, generando quello che si chiama senso di confusione.

mercoledì 17 marzo 2010

L’Aikido non è dualistico.

di Leo Venezia


L’atipiciità dell’Aikido si manifesta non solo a livello di pratica, ma soprattutto nella sua gestione e interpretazione. Un arte che in origine desiderava, con ambizione o ingenuità, creare la pace nel mondo attraverso una originalità che ad oggi risulta ancora incompresa. Questa bellissima missione è stata disattesa da subito, sia dai Maestri storici che hanno creato scuole con sfumature diverse e dalla successiva e progressiva frammentazione operata dai loro allievi. L’aikido non è misurabile, quantificabile e comprensibile secondo i canoni convenzionali delle arti marziali. Quasi tutte le discipline da combattimento presentano una forma dualistica, uno contro l’altro, la competizione e che ci sia qualcuno che prevale, che vinca su di un avversario che si contrappone, ostacola. Un concetto semplice, materiale, visibile. L’illusione che tutto questo sia reale è concreto e talmente radicata che si perde a volte lo spirito originale di discipline classiche come anche Judo e karate, in cui sono previste le gare. In Aikido non è prevista la competizione, non sono nemmeno codificati attacchi, da parte del compagno di lavoro, propri della disciplina. Gli attacchi quindi sono presi in “prestito” dalle altre discipline. Il cervello antico, rettile, in cui risiedono gli istinti di sopravvivenza ostacola un processo che non preveda il prevalere sull’altro, la vittoria in ossequio al “morte tua vita mea“. Una coscienza che porta ad una competitività su basi inesistenti. L’Aikido ha un’anima, concettualmente simile a quella umana, una sua energia che è il frutto del momento creativo che lo ha svelato. Parlare di Aikido soffermandosi alle tecniche e sull’efficacia ossia la sua parte grossolana e tangibile è diventato oggi riduttivo. Il concept iniziale era un armonioso missaggio, un cocktail a cui non mancava nulla dei vari aspetti che ne hanno permesso la creazione. Morihei Ueshiba concepisce l’Aikido come una metodologia in grado di dare pace e amore all’umanità. Un messaggio fortemente in contrasto con le concezioni, fino ad allora, di cui erano permeate queste discipline di combattimento. Un’idea precisa, che tendeva ad unire l’aspetto materiale e l’aspetto sottile. Il suo rapporto con la religione Shintoista ha influito e creato quel legame con il mondo invisibile. Continuare ad ostinarsi a non accogliere il messaggio di unione e armonia è l’ostacolo che blocca il processo di unificazione dei gruppi sparsi e divisi nel mondo. Un nuovo pensiero dobbiamo accogliere: quello della fede. Coltivare gelosamente la fede che l’Aikido può trasformare la nostra interiorità attraverso le frizioni esterne simulate grazie al prezioso aiuto di un compagno. Credere nel messaggio originale dell’Aikido e portarlo avanti con fiducia, senza farsi abbagliare dall’illusione del corpo fisico. Si potrà obiettare che ad oggi tutto questo risulta un’utopia, un progetto senza possibilità di realizzazione. Il Maestro Uyeshiba non avrebbe potuto, molto probabilmente, donarci l’Aikido se non avesse trasceso gli ostacoli imposti dal suo tempo.